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Itinerari enogastronomici del Parco: alla scoperta delle misteriose sorgenti del fiume Aterno tra cereali e legumi antichi

Itinerari enogastronomici del Parco: alla scoperta delle misteriose sorgenti del fiume Aterno tra cereali e legumi antichi

Tra gli itinerari enogastronomici proposti dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga quello dell’Alto Aterno coniuga l’amore per l’arte, la natura, la buona tavola, imponendo una sosta anche all’azienda biologica le Prata.

Gambe in spalla o due ruote alla mano si parte dall’Aquila alla ricerca delle misteriose sorgenti dell’Aterno, il fiume più lungo e tortuoso d’Abruzzo.

La prima fermata, imposta dalla bellezza del luogo, è quella agli scavi archeologici dell’antica Amiternum, città sabina che diede i natali allo storico Sallustio. I resti del teatro e dell’anfiteatro dimostrano quanto fosse florida la città ai tempi dell’impero romano, rappresentando un’importante sosta sulla via di transito tra il Tirreno e l’Adriatico.

Costeggiando il fiume sul’itinerario principale si incontra  il borgo di Pizzoli, che con il suo imponente castello a pianta quadrata, tra il corso d’acqua e la montagna, sorveglia la porta occidentale del Parco Nazionale e l’ingresso all’Alta Valle dell’Aterno. Ci si addentra, quindi, in una stretta e tortuosa gola del fiume che da Cagnano Amiterno, per alcuni chilometri, mostra la bellezza aspra ed impervia del versante ovest del massiccio del Gran Sasso.

La strada serpeggia silenziosa fino alla frazione di Marana, dove l’ottimo pane casereccio ed i dolci tipici della tradizione abruzzese sono da sempre il motivo di una sosta piacevole per i viaggiatori che percorrono questo tragitto in direzione di Amatrice e della via Salaria.

Riprendendo il cammino all’improvviso le creste montagnose si fanno da parte per mostrare l’ampio scenario della piana di Montereale da sempre vocata alla coltivazione di patate e cereali. A Colle Cavallari si trova l’Azienda agricola biologica Le Prata di Sacchi Nazzareno, specializzata nella produzione di legumi, cereali antichi e patate di diverse e colorate varietà. Il fiume Aterno attraversa queste terre scendendo dal margine settentrionale della conca di Montereale dove, tra la folta vegetazione dei crinali della frazione di Aringo, sono nascoste le sorgenti di quelle che si narra essere le acque più fredde d’Italia.

Verosimilmente intorno all’anno mille, il fiume Aterno alimentava un ampio spettro lacustre nella piana di Montereale prima di aprirsi un varco nella gola di Marana. La passata natura paludosa di questi territori è testimoniata oggi dalla denominazione dell’antico santuario della Madonna “in Pantanis” risalente all’undicesimo secolo.

La variegata biodiversità del Parco

Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga è localizzato nel cuore dell’Appennino.  Si estende sul territorio di tre regioni: Abruzzo, Lazio e  Marche e comprende 44 comuni distribuiti su cinque provincie: l’Aquila, Teramo, Pescara, Rieti ed Ascoli Piceno.

Nel Parco vivono circa 2300 specie vegetali superiori, oltre un quinto dell’intera flora europea, e più di un terzo del patrimonio floristico italiano. L’animale simbolo del Parco è il Camoscio dell’Appennino: a seguito di un progetto di reintroduzione, oggi se ne contano circa 500 individui.

Il patrimonio faunistico dell’area protetta conta anche grandi erbivori quali cervi e caprioli ed il loro predatore per eccellenza, il lupo appenninico. Martore, Gatti selvatici, Tassi, Faine ed Istrici sono avvistabili quotidianamente, mentre, alzando gli occhi al cielo, non è raro avvistare variopinte colonie avicole fino a rapaci rari come l’Aquila reale, l’Astore ed il Falco pellegrino.

Custodite dall’imponenza delle montagne abruzzesi sono sopravvissute al tempo ed alle spietate leggi del mercato globale antiche colture come la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio, la cicerchia di Castelvecchio Calvisio, la cicerchiola di Camarda, i ceci neri o rossi di Navelli, la pastinaca di Capitignano, le uve Moscatello di Castiglione a Casauria e il vitigno Pecorino dell’alta valle del Tronto.

Si è conservata, quasi fosse una reliquia, la patata turchesa, caratterizzata dalla buccia di color viola e la pasta bianchissima, una delle prime patate introdotte in Europa dall’America, caratterizzata da un alto contenuto di antiossidanti e antociani.

Antiche varietà di piante, tuttora coltivate da poche aziende agricole “Custodi”, possono vantare una storia millenaria, un “retaggio” culturale unico come nel caso del grano tenero “Solina”, probabilmente la siligo dei romani, il grano declamato da Plinio e Columella come il migliore in assoluto per la panificazione.

Fonte: www.gransassolagapark.it